Uroflussometria

L’uroflussometria è l’esame urodinamico non invasivo e indolore che permette di valutare la qualità del flusso urinario durante la minzione.

Quando il medico prescrive un’uroflussometria, spesso ha l’obiettivo di chiarire sintomi riguardanti la capacità di urinare. La diagnosi con uroflussometria è quindi un primo passo utile per orientare le successive valutazioni urologiche o urodinamiche. Ma cos’è esattamente questo esame e come si svolge?

L’uroflussometria o flussimetria urinaria è un esame urodinamico non invasivo, utilizzato per valutare la qualità del flusso urinario durante la minzione. Viene eseguito in ambulatorio e rappresenta uno dei primi strumenti impiegati dagli urologi per approfondire i disturbi del tratto urinario inferiore, come difficoltà a urinare, bisogno frequente di minzione o sensazione di svuotamento incompleto.

Per comprendere meglio l’utilità dell’uroflussometria, è bene analizzare rapidamente la struttura e il funzionamento del sistema urinario, che ha il compito fondamentale di eliminare i prodotti di scarto dal sangue e mantenere l’equilibrio dei liquidi e dei sali nell’organismo. Il sistema urinario è composto da:
  • Reni, due organi a forma di fagiolo situati nella parte posteriore dell’addome, che filtrano il sangue per eliminare tossine, urea e acqua in eccesso. Il risultato di questo processo è l’urina.
  • Ureteri, sottili tubicini che trasportano l’urina dai reni alla vescica.
  • Vescica urinaria, un organo muscolare cavo che raccoglie e immagazzina l’urina fino al momento della minzione.
  • Uretra, il canale che consente l’espulsione dell’urina dalla vescica verso l’esterno.
? inoltre da menzionare un organo esterno a questo sistema: la prostata, ghiandola dell’apparato genitale maschile, che è situata appena sotto la vescica, davanti al retto, e circonda la prima parte dell’uretra. Questa vicinanza anatomica fa sì che eventuali alterazioni della prostata possano influenzare direttamente la funzione urinaria.

Il processo della minzione dipende dall’interazione tra muscoli (come il muscolo detrusore della vescica), nervi e sfinteri. Per questo, un’anomalia a carico di uno qualunque di questi elementi può dare origine a disturbi urinari che l’uroflussometria aiuta a indagare.

Durante questo esame, il paziente urina all’interno di un dispositivo chiamato flussometro, che misura la quantità di urina emessa nel tempo e ne traccia un grafico. Questo tracciato consente di analizzare parametri fondamentali come il flusso massimo (Qmax), il flusso medio (Qmed), il tempo minzionale e il volume urinato.

In molti casi, all’esame si associa anche la misurazione del residuo post-minzionale (RPM), ossia la quantità di urina che rimane nella vescica dopo aver urinato. L’uroflussometria con RPM o residuo post-minzionale si ottiene eseguendo un’ecografia immediatamente dopo la minzione. Questo permette di verificare se la vescica si è svuotata del tutto: un dato importante per individuare eventuali ostruzioni o disfunzioni del muscolo detrusore, che avvolge la vescica e si contrae al momento di urinare.

L’esame è adatto sia a uomini che a donne, e può trovare applicazione, in casi selezionati, anche nei pazienti più piccoli.

Chi riceve la prescrizione di questo esame si chiede: l’uroflussometria a cosa serve? Il suo scopo è quello di chiarire un’ampia gamma di disturbi urinari, in particolare quando si sospettano alterazioni del flusso causate da ostruzioni o da disfunzioni funzionali. L’esame è indicato soprattutto nei pazienti che presentano:
  • difficoltà a urinare
  • flusso urinario debole o intermittente
  • necessità di urinare frequentemente (pollachiuria)
  • incontinenza urinaria
  • sensazione di incompleto svuotamento vescicale
In molti casi, l’uroflussometria si utilizza per valutare l’ipertrofia prostatica benigna (IPB), una condizione frequente nell’uomo adulto (ne colpisce il 50% sopra i 50 anni), che comporta l’ingrossamento della prostata e la conseguente difficoltà nel far defluire normalmente l’urina. Il test aiuta a identificare un flusso urinario ridotto o alterato, che può suggerire la presenza di un’ostruzione subvescicale.

Altre patologie che giustificano l’esecuzione dell’esame includono:
  • Stenosi dell’uretra, un restringimento dell’uretra spesso causato da traumi, infezioni o precedenti interventi chirurgici, che ostacola il passaggio dell’urina.
  • Sclerosi del collo vescicale: il punto in cui la vescica si apre verso l’uretra diventa rigido e poco elastico, interferendo con lo svuotamento corretto della vescica.
  • Neoplasie vescicali o prostatiche: la presenza di masse tumorali può alterare il flusso per compressione meccanica o infiltrazione dei tessuti urinari.
  • Disfunzioni neurologiche in pazienti con patologie del sistema nervoso centrale o periferico (ad esempio sclerosi multipla, morbo di Parkinson, lesioni midollari), la trasmissione degli impulsi che regolano la minzione può essere compromessa. 
  • Infezioni urinarie ricorrenti, come ad esempio la cistite, possono causare infiammazione e alterazioni temporanee del flusso urinario.
  • Vescica iperattiva o ipoattiva: si tratta di condizioni funzionali dovute a un muscolo detrusore troppo attivo (con conseguenti urgenza e frequenza di minzione) o troppo debole (con mancanza di svuotamento completo).

Nel caso specifico di pazienti di genere femminile l’uroflussometria ha un ruolo importante. Può essere infatti prescritta in presenza di sintomi e disturbi minzionali, molto spesso dovuti a prolasso pelvico: questa condizione implica la discesa verso il basso di uno o più organi della pelvi (vescica, utero, retto) e ne consegue un’alterazione dei rapporti anatomici standard. Nello specifico, il prolasso vescicale (o cistocele) può comprimere l’uretra o alterare la funzione della vescica, causando difficoltà a urinare, flusso debole, incontinenza urinaria da sforzo o urgenza minzionale.
Con la menopausa, la riduzione degli estrogeni può determinare un indebolimento dei tessuti del pavimento pelvico e un aumento della suscettibilità alle infezioni urinarie ricorrenti, alla vescica iperattiva e alla disfunzione detrusoriale.

Altre patologie che possono alterare il flusso urinario femminile sono:
  • Stenosi uretrale, più rara ma possibile dopo interventi chirurgici o infezioni.
  • Disfunzioni neurologiche (sclerosi multipla, lesioni spinali). ·
  • Endometriosi vescicale, nei casi in cui il tessuto endometriale coinvolga le vie urinarie.
L’obiettivo dell’uroflussometria è quindi quello di valutare il tratto urinario inferiore nel suo insieme, e fornire al medico le basi per definire se siano necessarie ulteriori indagini.

L’interpretazione dell’uroflussometria viene infatti spesso affiancata da altri esami diagnostici di secondo livello, che servono ad approfondire le cause di un’anomalia rilevata e confermare una diagnosi sospettata. Fra questi vi sono:
  • Ecografia vescicale e prostatica, che permette di valutare la morfologia di reni, vescica e prostata, evidenziando eventuali ingrossamenti, residui urinari o alterazioni strutturali. ? utile anche per escludere calcoli, masse o dilatazioni delle vie urinarie superiori.
  • Esame urodinamico completo. Si analizza il comportamento della vescica durante le fasi di riempimento e svuotamento, misurando pressioni e volumi. Rende possibile distinguere tra ostruzione meccanica e disfunzione del muscolo detrusore o dello sfintere uretrale.
  • Uretrocistoscopia, esame endoscopico che consente di visualizzare direttamente l’interno dell’uretra e della vescica con una sonda a fibre ottiche. ? particolarmente indicata quando si sospettano tumori, stenosi o lesioni mucose.
  • Esame delle urine e urinocoltura, grazie a cui è possibile individuare la presenza di infezioni batteriche, sangue o altre anomalie nelle urine. Sono fondamentali per escludere cistiti o uretriti prima di effettuare valutazioni funzionali.
  • Esami del sangue (incluso PSA). Il dosaggio dell’antigene prostatico specifico (PSA) è utile nell’uomo per escludere patologie prostatiche, come l’ipertrofia o il carcinoma. Altri parametri ematici possono fornire indizi su eventuali complicazioni renali.
  • Risonanza magnetica o tomografia computerizzata (TC), utilizzati nei casi più complessi, per rilevare malformazioni, masse, adenomi prostatici di grandi dimensioni o per valutare la relazione tra organi pelvici in maniera dettagliata.

Le istruzioni per sottoporsi in condizioni opportune a uroflussometria sono solitamente semplici e vengono fornite al momento della prenotazione:
  • Non urinare nelle due ore precedenti l’esame.
  • Bere circa 1 litro di acqua non gassata a piccoli sorsi, a partire da un’ora prima dell’orario previsto.
  • Evitare bevande gassate o contenenti caffeina che possono irritare la vescica.
  • Non assumere farmaci che alterano la funzione urinaria (se non diversamente indicato e comunque sempre in accordo con il medico).
Per sottoporsi a uroflussometria, la preparazione non prevede digiuno. In presenza di particolari condizioni, come incontinenza urinaria o vescica iperattiva, la preparazione può richiedere adattamenti.

Una buona preparazione è fondamentale per garantire la validità dell’uroflussometria. L’obiettivo è arrivare all’esame con una vescica abbastanza piena, ma non sovradistesa, ossia non piena in eccesso, in modo da consentire una minzione fisiologica. Prepararsi adeguatamente scongiura il presentarsi di risultati falsati e riduce quindi il rischio di dover ripetere il test. In alcuni casi può essere utile compilare un diario minzionale nei giorni precedenti, per registrare la frequenza e la quantità delle minzioni, a supporto dell’interpretazione dei dati ottenuti in seguito attraverso l’esame.

L’uroflussometria non è assolutamente rischiosa, in quanto è necessario esclusivamente urinare all’interno di un apposito dispositivo: non comporta quindi la possibilità di complicazioni o infezioni di alcun tipo. Non vi sono nemmeno particolari controindicazioni al suo svolgimento: è un esame adatto a chiunque.


Durante l’esame, che è semplice e solitamente breve, non si avverte dolore né fastidio. ? però assolutamente normale che l’ambiente sanitario, l’emotività e la poca familiarità con il procedimento possano provocare un certo disagio o anche un’eventuale difficoltà a urinare. Per questo, il personale sanitario è sempre impegnato a garantire discrezione e tranquillità.

L’uroflussometria si effettua in ambulatorio, in un ambiente riservato e confortevole, per ridurre al minimo il disagio di chi vi si sottopone. L’intero processo dura generalmente poco tempo, indicativamente fra i 15 e i 30 minuti, ma la durata dell’esame può variare a seconda della collaborazione del paziente e della quantità di urina presente in vescica. Dunque, l’uroflussometria come si esegue?

Si verifica prima di tutto lo stimolo minzionale e in seguito si invita la persona a urinare all’interno del contenitore del flussometro, che è simile a un vaso sanitario collegato a un sistema elettronico di registrazione. Il macchinario per uroflussometria misura diversi parametri:
  • Qmax (flusso massimo), ovvero il picco di velocità raggiunto durante la minzione
  • Qmed (flusso medio), che rappresenta la media del flusso su tutta la durata dell’emissione, calcolato dividendo il volume totale di urina per la quantità di tempo usata per svuotare la vescica
  • volume urinato totale
  • tempo minzionale
  • tempo al flusso massimo
Questi dati vengono visualizzati su un tracciato che riproduce il profilo del flusso urinario nel tempo. Un tracciato simmetrico, a campana, con Qmax adeguato e buona curva di svuotamento, è considerato fisiologico.

Una minzione parziale o forzata può alterare i risultati. Proprio per questo, una volta ottenuta la minzione, si chiede alla persona se l’ha percepita come naturale o se qualcosa ne ha influenzato l’andamento. La valutazione soggettiva aiuta a interpretare correttamente il tracciato. In generale, per far sì che l’esame risulti attendibile, la quantità di urina dev’essere superiore a 150 ml.

Se previsto, subito dopo l’esame si esegue a completamento dell’analisi una ecografia vescicale per valutare il residuo post-minzionale, in modo da ottenere un quadro ancora più preciso dello stato funzionale della vescica.

In caso di uroflussometria, i valori ottimali possono variare in base all’età, al sesso e al volume urinato. ? possibile considerare standard i seguenti valori:
  • Qmax >15 ml/sec nell’uomo e >20ml/sec nella donna
  • tempo minzionale inferiore a 30 secondi
  • residuo post-minzionale <50 ml
Per quanto riguarda nello specifico il valore Qmed, molto dipende da età e sesso. A seconda della fascia d’età possiamo individuare:
  • 4-7 anni: 10 ml/sec per l’uomo e per la donna
  • 8-13 anni: 12 ml/sec per l’uomo e 15 ml/sec per la donna
  • 14-45 anni: 21 ml/sec per l’uomo e 18 ml/sec per la donna
  • 46-65 anni: 12 ml/sec per l’uomo e 18 ml/sec per la donna
  • 66-80 anni: 9 ml/sec per l’uomo e 18 ml/sec per la donna
Con l’esecuzione di uroflussometria, valori patologici possono essere a loro volta rilevati. Un’uroflussometria anormale, ossia in presenza di un flusso urinario alterato, può restituire:
  • valori ridotti. Un’uroflussometria con valori Qmax o di flusso medio più bassi del normale potrebbe far pensare a un’alterazione
  • curve di svuotamento piatte o frammentate
  • tempo minzionale prolungato
  • residuo post-minzionale elevato
Come si è visto, in generale, un’uroflussometria con valori bassi del flusso urinario è da considerare con grande attenzione. Tali alterazioni suggeriscono ostruzione o ipocontrattilità vescicale, dunque una scarsa capacità della vescica di contrarsi nel modo ottimale, ma devono comunque essere sempre interpretate nel contesto clinico. In seguito a uroflussometria, un’ostruzione severa può essere rilevata in presenza di un flusso urinario significativamente basso.

Come si è già accennato, i risultati ottenuti con uroflussometria non risultano affidabili se il volume di urina è troppo basso (sotto 150 ml) o se il paziente ha urinato forzatamente. Anche infezioni in corso, ansia marcata, oppure l’assunzione di farmaci diuretici o anticolinergici possono influenzare i dati raccolti.

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