Dalla scelta dello sport giusto alla gestione degli infortuni, il ruolo centrale del medico per la salute degli sportivi.
A ciascuno il suo. Il celebre motto latino vale anche per lo sport perché, se è vero che fa bene a tutti, non è detto che tutti possano praticare qualsiasi sport. E’ questa la prima e fondamentale indicazione fornita dal dottor Marcello Lughi, ortopedico del Poliambulatorio Primus Forlì Medical Center, affinché si possa raccogliere il massimo dei benefici dall’attività fisica, senza incorrere in infortuni. Altrettanto importante, secondo lo specialista, è imparare ad ascoltare il proprio corpo e approcciarsi alla disciplina che si intende praticare con un adeguato allenamento, così da minimizzare il rischio dei traumi. Qualora, tuttavia, si incorra ugualmente in tale eventualità, occorre affidarsi alle cure di un professionista, seguendo le varie fasi di recupero senza forzare i tempi. Alla base di tutto, c’è, comunque, la necessità di indirizzarsi verso lo sport più adatto alle proprie caratteristiche fisiche e atletiche. “Oggi, il numero di chi fa attività sportiva è in costante aumento e, specie quella amatoriale, è svolta non solo in età giovanile ma anche più avanzata – esordisce il dottor Lughi –, tuttavia non tutti sono adatti a qualsiasi sport. Il nostro corpo, infatti, è strutturato, costituzionalmente, per assecondare determinate attività, che si differenziano per resistenza, potenza del gesto, agilità, velocità: andare contro questa ‘predisposizione’ individuale comporta un maggior rischio di trauma sportivo”.
Poiché il nostro organismo è costruito per svolgere attività limitate per intensità, ripetitività e che non vadano a sovraccaricare le strutture muscolo tendinee e articolari, ne consegue che, nella scelta dell’attività da praticare, occorra una valutazione a 360°. “Se si fa un lavoro pesante e si ha già qualche problema alle ginocchia o qualche chilo di troppo, è molto probabile che aggiungere un’attività come ad esempio la corsa, fonte di ulteriore sollecitazione ripetuta, finisca solo per procurare problemi meniscali e osteocartilaginei da sovraccarico funzionale”. Guai cui si può andare incontro anche quando non si “ascolta” quello che il nostro organismo ci dice rispetto a un determinato gesto sportivo. “E’ un atteggiamento tipico di chi vuol fare l’eroe, il combattente del week-end o il cooper, come gli inglesi chiamano chi va avanti nonostante tutto. Ignorare fastidi e/o dolori non va affatto bene, perché questi ultimi rappresentano uno dei sistemi di allarme con cui il nostro corpo ci avvisa che stiamo passando da una condizione di carico ottimale - muscolare, tendineo e articolare - che tollera bene e dal quale trae giovamento, a una di sovraccarico, che, invece, non accetta”. Un classico esempio di problematiche da sovraccarico sono le lesioni ai tendini, una tra tutte al tendine d’Achille, che può degenerare e manifestare il proprio degrado con dolore sia nella sua porzione lontana dalla inserzione sia in quella inserzionale calcaneare. “A tal proposito, va sottolineata l’elevata incidenza di lesioni da sovraccarico acute, ovvero quelle rotture del tendine che capitano spesso a ciel sereno, senza eclatanti sintomi premonitori, comunque su un sub strato di degenerazione tendinea da sovraccarico cronico. Si tratta di lesioni che dimostrano una discrepanza fra la capacità di quel tendine di allungarsi sotto carico e di resistere a questo allungamento, fino a determinare la rottura delle fibre tendinee”. Alla luce di tutto ciò, appare evidente l’importanza dell’allenamento in fase preventiva. “? possibile rendere muscoli, tendini e articolazioni più resistenti abituandoli gradualmente a un carico di lavoro adatto al tipo di sport praticato. Questo è fondamentale per ottenere una buona performance in sicurezza e ridurre il rischio di infortuni”.
Malgrado tutte le avvertenze sin qui elencate, questi ultimi non possono mai essere del tutto scongiurati. “Occorre distinguere fra traumi inevitabili, imprevedibili e tipici degli sport da contatto, come calcio e basket, ed evitabili, in cui l’atleta si infortuna da solo a causa di un allenamento non sufficiente. Molti traumi alle ginocchia, ad esempio, non dipendono da un contrasto con l’avversario, ma da cambi di direzione nelle fasi di gioco mal controllati per l’assenza di un adeguato reclutamento dei muscoli i quali, invece, se opportunamente preparati, hanno la capacità di prevenire movimenti articolari così estremi”. Per migliorare la prevenzione di questo tipo di traumi è fondamentale il costante confronto fra sportivo e preparatore atletico, alla base dell’allenamento sport specifico. Quando, però, si verifica un trauma, entra in campo il medico, che deve intercettare tempestivamente il paziente per gestire al meglio, dal punto di vista terapeutico, le tre fasi che attraversano i tessuti lesionati, ovvero infiammazione, rigenerazione/riparazione e rimodellamento. “Avvengono in successione e, avendo tempistiche ben precise, vanno gestite tutte e tre in maniera ottimale, senza la pretesa di saltarne qualcuna, perché niente e nessuno può cambiare il decorso biologico normale di guarigione tessutale, anzi, precorrere i tempi senza supporti medici e rieducativi non porta a nulla di buono”.
Allo sportivo, quindi, non rimane altro che fidarsi e affidarsi alle cure di personale medico e specialisti in ambito rieducativo. “Il percorso diagnostico va ottimizzato per quantificare al meglio la lesione, secondo un corretto timing. I primi 10-15 giorni di fase infiammatoria, ad esempio, devono essere rispettati, ricorrendo a farmaci, ghiaccio, terapie fisiche a scopo antinfiammatorio ma soprattutto ‘riposo funzionale’. Insomma, il trattamento di una lesione in ambito sportivo è un susseguirsi di tappe di verifica clinica, di trattamenti successivi, a complessità e carichi progressivamente maggiori, e di test funzionali che certificheranno il recupero della completa e migliore performance”.
condividi o salva l'articolo
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.
Mi Racconto - Storie di tumore al seno
Le parole hanno uno straordinario potere: possono aiutare, confortare, dare coraggio. Studi dimostrano che scrivere è un'attività curativa, per la mente e per il corpo.
Abbiamo raccolto in un libro i racconti autobiografici di donne che hanno vissuto l'esperienza del tumore al seno e che hanno affrontato il percorso anche grazie all'aiuto degli specialisti di 色花堂Care & Research.
Ulteriori Informazioni